TRAMA
Ellie Linton ha diciassette anni e un desiderio esagerato di avventura. Terminato l’anno scolastico e convinti i genitori a prestarle la loro Land Rover, Ellie e sei compagni partono alla volta di un paradiso chiamato Inferno sulle Alpi Australiane. Lontani da Wirrawee e dalla fiera che ogni anno si ripete uguale a se stessa, i ragazzi imparano a conoscersi e alcuni di loro ad amarsi come Homer, spaccone col vizio del furto, e Fiona, sirena bionda e insicura che non conosce ancora il potere della sua voce, come Corrie, dolce amica d’infanzia di Ellie, e Kevin, atletico adolescente a cui difetta un ‘cuor da leone’, come Lee, sensibile studente tailandese che sogna di innamorare Ellie, e Robyn, figlia giudiziosa del reverendo Mathers, che vive secondo le rigide leggi di Dio. Rientrati dall’Eden in città si accorgono molto presto che qualcosa non va. Le case sono vuote e i loro cari scomparsi. Superato lo choc iniziale scopriranno che la loro città e i suoi abitanti sono prigionieri di un esercito smisurato, una forza militare straniera vomitata dal cielo e dal mare. Decisi a riprendersi le loro famiglie, la loro vita e il loro futuro, Ellie e soci avvieranno un confronto diretto e armato col nemico.
Esistono libri che rimangono nell’immaginario collettivo senza concorso esterno e altri che devono ricorrere al contributo di media più appetibili al pubblico. “Il domani che verrà”, primo episodio della saga di John Marsden, lega (e avvia) la sua vita editoriale in Italia alla versione cinematografica di Stuart Beattie, sceneggiatore australiano e debuttante alla regia. Amati e acclamati in Australia e in America, i sette romanzi di Marsden sono un meraviglioso e dolente viaggio attraverso l’età delle illusioni. E a quelle pagine, composte in sei milioni di copie già vendute nel mondo, l’opera prima di Beattie rende un servizio magnifico, realizzando un film letteralmente e idealmente agli antipodi, un romanzo di formazione che negli spazi disorientanti dell’Australia trova la vocazione e nel cinema australiano gli ‘attimi fuggenti’ di absolute beginners. Principianti della vita, adolescenti senza bacchetta e immortalità, teenegers che non brillano al sole e non mordono sul collo ma che ugualmente producono magia e incanto, avviandosi verso un Eden sconosciuto e prossimo all’Hanging Rock weiriano. Una roccia, un buco nero, un anfratto, un vuoto della ragione che questa volta non inghiottirà gli adolescenti ma ne garantirà l’incolumità mentre il mondo degli adulti, separato e lontano, si svuota per ordine e volere di una forza militare usurpatrice ed espropriatrice. Perché gli studenti raccontati dal preside Marsden, in gita come le ragazze dell’Appleyard College verso un sito geografico locale, non sono più figli della società vittoriana malamente trapiantati nel nuovo continente e nemmeno coloni bianchi o aborigeni selvaggi ma figli di un rimescolamento etnico e culturale globale. Lee è tailandese, Homer è greco e insieme convivono con la ruralità di alcuni e l’urbanità di altri, puntando l’obiettivo centrale dell’iniziazione alla vita adulta. Sette e poi otto adolescenti con un passato prossimo che ne comprende uno remoto, esemplificato dallo sguardo di Ellie su un affresco raffigurante soldati inglesi che ricacciano gli aborigeni nei bush. Sette fanciulli con l’illusione di un futuro che si presenta di nuovo come ‘occupazione’ ed ‘esplorazione’ di un impero altro. Alla stregua dei nativi, spetta adesso all’uomo ‘civile’ diventare vittima brutalizzata di un dominio straniero che esercita la propria protervia e spara a freddo. In transito, idealmente e anagraficamente, tra un mondo civile e uno naturale, i protagonisti de Il domani che verrà sono figure ‘marginali’, rifugiate in un luogo liminale e in un tempo fantastico dove si scontrano e confrontano per produrre figure di differenza e identità e da dove ripartono per reintegrarsi inevitabilmente trasformati nel gruppo sociale di appartenenza. Ma il ritorno ha il sapore amaro di una costante rinegoziazione e delle macerie di un territorio urbano sprovvisto di mappa ma provvisto (adesso) di eroi. Eroi ostinati a sfidare e a disturbare chi ha trasformato i luoghi un tempo familiari in spazi insondabili e ostili. Raccontano in camera l’idea collettiva della resistenza e guidano la rottura e la ridefinizione dei ruoli quattro fanciulle impavide e impegnate a leggere “La mia brillante carriera” di Miles Franklin, femminista australiana che scrisse di donne senza restrizioni e senza soffitti a chiudere il cielo. Donne che sognano il sogno della farfalla e tornano alla fonte, all’inizio del cinema (australiano), là dove le immagini si sono formate per la prima volta davanti ai loro occhi, per poter affrontare quelle che le aspettano nella prossima avventura. Sulla pagina e sullo schermo.
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