lunedì 21 novembre 2011

Il buono, il matto, il cattivo (2011)

TRAMA
Il western manciuriano di Kim Jee-woon omaggia indubbiamente il cinema di Sergio Leone. Il titolo cambia un po' (il ‘brutto' diventa il 'matto') ma l'oggetto della questione, una mappa del tesoro difficile da decifrare, rimane lo stesso. La sequenza finale poi, con i tre contendenti in corsa, riprende i meccanismi usati dal maestro italiano, con la differenza che il regista coreano abbonda in inseguimenti al limite del possibile, esagera, sfonda i confini del realismo, costruendo un momento di cinema mozzafiato molto coinvolgente.
Il cast annovera tre star del cinema coreano, ancora non molto conosciute in occidente: il cacciatore di taglie Jung Woo-sung (il buono), il maledetto killer dandy Lee Byung-heon (il cattivo) e lo strampalato ladruncolo Song Kang-ho (il matto). La loro espressività accentuata è ipnotica, conquista lo spettatore fin dalle prime scene di presentazione dei caratteri. Sul resto della trama c'è poco da dire; a dare il via alla vicenda è il ritrovamento di una mappa che sembra condurre a un grande tesoro nascosto. Tutti la vogliono e, malgrado il grande dispendio di armi da parte dei due giocatori più esperti, è proprio il personaggio più buffo e impacciato ad averla vinta. Sarà lui a condurre i litiganti, tra mille battaglie, rabbiose scaramucce e spettacolari tallonamenti, sul luogo tanto agognato dove si scoprirà l'identità e la portata del famigerato tesoro. Come ne Il buono, il brutto e il cattivo, non tutti ritorneranno a casa sani e salvi.
L'intreccio è tutto qui, è fin troppo semplice. Ma l'assenza di originalità della sceneggiatura viene sostituita dalla forza dirompente delle immagini, seducente abbastanza da rendere godibile e piacevole il film intero. La fotografia di Lee Mo-kae dipinge le location interne con toni accesi, dal blu cobalto al giallo chartreuse, alternandoli al magenta. Il risultato è un'eccentrica rappresentazione delle ambientazioni western, di solito legate al grigio nebuloso di polvere e sabbia, un tocco stravagante che rende ancora più curiosa l'operazione. A dare i brividi sono anche le vertiginose inquadrature dall'alto (i titoli di testa ne sono un esempio brillante) e gli spostamenti rapidi di angolazione, un modo irrequieto di raccontare e dare forma alla storia, retta su un equilibrio interessante di dramma e ironia che tempera la gravità delle azioni più crudeli con inserti comici irresistibili.

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