martedì 9 novembre 2010

L'immortale (2010)

TRAMA
Charles Matteï è in auto, gioca con suo figlio e il cane ascoltando Pavarotti. Lascia il suo bambino a un angolo e va a parcheggiare fiero della sua nuova vita, ma il suono di “e lucevan le stelle” si confonde con quello del suo passato: 22 colpi di mitra che lo crivellano ferocemente. Ma non morirà. Comincia così la storia de L'Immortale.
È girato a Marsiglia, ispirato da fatti reali e dal romanzo omonimo di Franz-Olivier Gisbert, L'immortale di Richard Berry, esperto attore francese che passa facilmente dalle penne della sceneggiatura alla macchina da presa. Per il cast ha scelto Jean Reno nel ruolo di Matteï, un ex padrino marsigliese che vuol passare dalla mala alla buonavita ma nel viaggio di redenzione i bastoni fra le ruote verranno da un ex amico boss ipocondriaco (Kad Merad) fronteggiato da una brava detective portatrice “insana” di una storia torbida (Marina Foïs).
Sullo sfondo di una Marsiglia crepuscolare Richard Berry, insieme a Matthieu Delaporte e Alexandere de la Patelliere, imposta un gangster movie d'oltralpe giocando sulla “famiglia”. Quella buona di madri premurose e nonne comprensive e quella cattiva del clan, di pippate di coca su torte di compleanno e di boss uccisi a già visti colpi di sportello con sottofondo del “Rigoletto” o della “Lucia di Lammermoor”. Aggiungeteci a questo una regia scattante, muscolare e a tratti eccessiva nell'estetica delle tante morti e avrete un buon film di genere ma che stenterete a riconoscere nello scaffale delle innumerevoli pellicole simili. L'immortale gozzoviglia su piatti già pronti come consunti Padrini d'annata, Quei Bravi Ragazzi, d'oltretalpe stavolta, e emuli di Tony Montana in Scarface. Pur contando su una grande tradizione di “noir marsigliesi” come Justin de Marseille o Borsalino, L'immortale non ha una sua identità precisa.
L'ossessione di essere action fagocita quella di costruire un noir solido che in partenza ha un bel soggetto, grandi attori e un'idea feconda: puoi chiudere col passato ma non è detto che lui voglia chiudere con te. Brillano solo Jean Reno, preciso e di casa nel genere (Leon e Ronin) e Marina Foïs, volto autentico e sofferto come la sua valida prova. Bravi interpreti ai quali però va stretto un film che è un lungo inseguimento su strade e campagne francesi che lasciano scie di sangue ma pochi ricordi nello spettatore perché non c'è modo di affezionarsi adeguatamente ai personaggi, troppo impegnati a vendicarsi. In una delle sfide centrali, Matteï pronuncia parole interessanti: "La morale non è mai originale". Peccato che non lo sia nemmeno il film.

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