giovedì 11 novembre 2010

Cattivissimo me (2010)

TRAMA
C’è qualcuno che ha rubato i più importanti monumenti del mondo sostituendoli con copie. In un tranquillo quartiere fatto di villette unifamiliari vive Gru, grosso e sgraziato ma con la fissazione di voler compiere il più grosso colpo possibile: rubare la Luna. A Gru non manca un armamentario supertecnologico per raggiungere il proprio scopo così come è dotato di un esercito di minuscoli esseri gialli bi o monoculari, i Minion (in inglese tirapiedi/adulatori) un po’ fracassoni ma al suo servizio. Finché un giorno fa l’incontro che gli cambia la vita con tre orfanelle (Margo, Edith e Agnes) che vuole sfruttare ai suoi fini e che invece vedono in lui un possibile papà.
Ad ogni film di animazione che compare sugli schermi gli esperti del settore traggono indicazioni sulla lotta in corso tra le major per conquistarsi quella fetta di pubblico che è sembrata essere per lungo tempo dominio quasi assoluto della Pixar. Il pubblico invece, nella sua stragrande maggioranza, si chiede se il film sia o meno pensato per un pubblico adulto che vuole trovare una miriade di ammiccamenti a cinema e televisione pregressi o, molto più semplicemente, si rivolga al più tradizionale (e ‘vecchio’?) target costituito dai bambini. Nel caso di Cattivissimo me il pubblico dei più piccoli può trovare occasione di divertimento (anche se qualche inevitabile citazione non manca). Perché senz’altro la sceneggiatura si rivela debitrice di ‘classici’ della letteratura tout court come “Racconto di Natale” di Dickens (se Scrooge significa spilorcio Gru sta come abbreviazione di gruesome= orrendo/macabro) e “Le streghe” di Roald Dahl (anche lì c’era un orfano e le streghe si camuffavano da persone qualunque come fa Gru). Le orfanelle poi hanno letteralmente invaso la letteratura dell’Ottocento così come sono state protagoniste della simpatica ma a tratti dark animazione tedesca di Tiffany e i tre briganti . Anche lì i cattivacci si scioglievano dinanzi al calore e alla vivacità della piccola protagonista.
Consapevole com’è della simpatia che sempre si portano dietro i bad guy (soprattutto se alla cattiveria uniscono un po’ di goffaggine) la sceneggiatura punta tutta la prima parte sulla malvagità del protagonista dal naso adunco (ma osservate come quel naso diverrà utile nella narrazione di una fiaba) per poi trasformarlo in un cuore tenero. Se inizialmente abbondano le tecnologie alla 007 così come l’iperattività dei Minion (che sembrano parenti stretti degli Oompa Loompa di Willywonkiana memoria con la variante che qualche diversità tra loro ce l’hanno) la storia lascia progressivamente spazio alle dinamiche di relazione per giungere a una morale forse scontata ma poco praticata in una società globale che si basa sul pre-giudizio: mai dire mai.

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