giovedì 25 ottobre 2012

The possession (2012)

TRAMA
Divorziati da poco, Clyde e Stephanie cercano di rendere la loro separazione meno dolorosa possibile per le figlie e, ugualmente, di rifarsi una vita, gettandosi nel lavoro, il primo, e cercando una nuova stabilità con un altro uomo, la seconda. In visita dal padre per un weekend, Em, la più piccola delle due ragazze, è attratta da una scatola di legno trovata in un improvvisato mercatino del quartiere; una volta portato in casa, quest'oggetto con iscrizioni in ebraico comincia ad avere una strana influenza sulla bambina fino a quando i segni di una possessione diabolica si faranno inequivocabili agli occhi di tutti. Horror associabile al fortunato filone esorcistico già dal lampante titolo, The Possession comincia con un azzeccato incipit ad effetto per poi prendersi tutto il tempo necessario ad introdurre personaggi e intreccio principale. Ogni elemento è chiaro ed esposto con competenza in un disegno che promette minacce fino al momento in cui la storia di un nucleo famigliare in crisi entra in contatto con quel fattore soprannaturale messo in campo in maniera troppo scolastica. Nella trasformazione dai sussurri del primo terzo alle urla della parte centrale viene smarrito non poco mordente per via di un'amplificazione affidata solo alla perizia tecnica: nonostante la sapiente gestione degli spazi scenici e la cura davvero particolare riposta in tutto l'aspetto sonoro, la scrittura registica del danese Ole Bornedal non può riscattare del tutto le troppe ingenuità dello script di Juliet Snowden e Stiles White. Se la sorpresa non è la forza di una pellicola che percorre la tappe di mille altre (sconcerto iniziale, visite mediche, accettazione del soprannaturale, esorcismo vero e proprio), lo spettatore salta sulla sedia più volte grazie ad una messa in scena, ad ogni modo, ricca di sfumature cui vanno ad aggiungersi alcune buone sequenze strettamente visive, su tutte la stanza da letto infestata dalle falene. Non poco interessante la scelta di calare la vicenda strettamente demoniaca all'interno dell'ambiente della religione ebraica, con un aspirante rabbino a cacciare via dal corpo della piccola Em un dybbuk, nome col quale il folklore israelita identifica uno spirito maligno o un'anima in grado di possedere gli esseri viventi. Secondo il pressbook, la prima idea alla base della sceneggiatura deriva da un articolo apparso sul Los Angeles Time nel 2004 in cui la giornalista Leslie Gornstein raccontava la storia di un uomo che, dopo esserne stato tormentato, aveva cercato di disfarsi di un’autentica “scatola per dybbuk” mettendola in vendita su e-bay. Prodotto dalla Lionsgate e dalla Ghost House Pictures di Sam Raimi.

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