TRAMA
Ex cittadina mineraria nella zona nordoccidentale del Pacifico, Cold Rock è abitata da una comunità sconvolta dalle inspiegabili sparizioni dei suoi bambini, svaniti nell'aria senza lasciare la minima traccia. Per alcuni, colpevole delle scomparse sarebbe un non meglio identificato “uomo alto”, tremenda figura che qualcuno giura di aver visto nel bosco al tramonto. Julia Danning, una risoluta infermiera che fa il possibile per tenere uniti i cittadini terrorizzati, reputa la storia una superstizione fino a quando, una sera, non assisterà al rapimento di suo figlio.
Primo film girato in inglese dal francese Pascal Laugier, I bambini di Cold Rock è uno di quei classici titoli che si negano a chiunque voglia stiparli in una categoria precisa. Poco importa, del resto, se questo pregevole esercizio di attese e disattese sia un thriller mascherato da horror oppure un dramma che usa un apparato più nero del solito. Ad interessare, piuttosto, dovrebbero essere la viva capacità di rivoluzionare – più e più volte – racconto e punto di vista, la precisione nel descrivere il decadimento della piccola città e, non ultima, l'intelligenza nell'omaggiare un cinema del passato che il regista dimostra di amare e di non voler tradire.
Più che di un solo film o di un autore in particolare (Saint Ange, ad esempio, era un dichiarato omaggio al mondo di Lucio Fulci), si mescolano insieme suggestioni cinematografiche diversissime tra loro in ideali dissolvenze incrociate rette da un senso dello spettacolo che trascende l'assillo cinefilo e il gioco della citazione.
Siamo di fronte ad un progetto a lungo inseguito – la prima sceneggiatura risale al 2005 – da cui emerge la maturità di Laugier, vispo illustratore di un quadro in cui naturale e sovrannaturale finiscono col neutralizzarsi a vicenda per lasciare il posto ad un'inattesa chiosa sociale. Interessante e varia anche nell'uso dell'apparato scenografico, con buoni picchi di suspense alternati ad azzeccati spostamenti action, la scrittura registica incontra un inconveniente non da poco nella scelta di Jessica Biel (anche produttrice esecutiva), attrice già di suo non eccelsa e qui totalmente schiacciata dal peso di un personaggio complesso e sfaccettato che dovrebbe reggere su di sé l'intera operazione. Chi ha liquidato il precedente e oltraggioso Martyrs come un lavoro di bassa macelleria può trovare abbastanza materiale per riformulare il proprio giudizio sul cineasta francese in questa pellicola di cui è difficile parlare senza dare fastidiosi spoiler.
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