domenica 10 aprile 2011

Il rito (2011)

TRAMA
Dopo L'ultimo esorcismo, che affrontava il tema in modo più spavaldo e originale, un altro film esorcistico compare sugli schermi a rinverdire i fasti di un filone che sembra non avere mai fine. Se ne occupa stavolta il regista svedese Mikael Håfström che conferma le qualità nella messa in scena già evidenziate in 1408, appoggiandosi a una trama con più di qualche tratto convenzionale.
Il giovane Michael Kovak è quotidianamente a contatto con la morte, aiutando il padre nell’impresa funebre di famiglia. Per fuggire da quella tetra realtà e ottenere un’educazione gratuita, Michael entra in seminario, pur senza una vera e propria vocazione. Dopo quattro anni, alla vigilia dell’ordinazione a sacerdote, Michael vorrebbe lasciare: sente che la sua fede non è solida. Scrive un’e-mail di dimissioni, ma prima di spedirla qualcosa lo scuote: una ragazza, vittima morente di un incidente stradale, gli chiede la benedizione e lui, scosso, gliela impartisce. Michael riceve una proposta: partecipare a un corso di esorcismo a Roma nell’ambito di un nuovo programma del Vaticano. Benché ancora poco convinto, Michael accetta, anche per la prospettiva di passare due mesi a Roma, presentata come una città ancor più caotica di quanto non sia, per enfatizzare il contrasto con la quiete dei palazzi vaticani. L’approccio con il corso non è dei migliori: Michael non crede alla realtà degli esorcismi. Padre Xavier, che tiene il corso, lo indirizza allora all’esperto esorcista Padre Lucas. E con Padre Lucas, Michael comincia a dover rivedere le proprie convinzioni.
Come al solito, quando si tratta di film esorcistici, non mancano le citazioni papali e l’affermazione che il film è ispirato a fatti reali. E, come è tendenza dominante in questo sottogenere, sin dai tempi de L'esorcista, l’approccio è realistico, tendente a dimostrare come la presenza del demonio si insinui senza sforzo nel quotidiano. Il contrasto tra il sacerdote anziano che ha visto di tutto e quello giovane che ancora non ha visto niente (e perciò, con una certa supponenza, non crede a nulla) ricorda - con opportune modifiche - quello dei due sacerdoti protagonisti del classico film di Friedkin: l’utilità del confronto è quella di favorire l’immedesimazione dello spettatore, che si avvicina alla storia con gli occhi scettici di Michael e viene coinvolto dagli eventi. Gli esorcismi mantengono la loro inquieta drammaticità, ma sono temperati da qualche tocco bizzarro non sempre azzeccato (come l’improvvisa chiamata al telefonino di Padre Lucas).
L’enfasi non è sugli effetti speciali, ma sulla vicenda e sul confronto con la sfuggente presenza del Maligno, assai simile agli esiti di svariate patologie mentali: “Non ha bisogno di un prete, ma di uno psichiatra” opina infatti Michael di fronte alla ragazza posseduta dal demonio. Il problema principale del film è però che la procedura dei film esorcistici viene seguita in modo piuttosto pedissequo, senza particolari novità: la principale è il retroterra esistenziale del giovane prete, efficace nel dare profondità alla sua disillusione. Un’altra, più relativa, appartiene alla svolta finale e le dona un’appropriata cupezza, pur senza sorprendere troppo.
Un film come questo basa molta della sua credibilità sull’efficacia degli interpreti e in questo senso il cast è di buon livello, con punte di eccellenza in Anthony Hopkins che conferma la sua versatilità: lontano dall’esuberanza di Hannibal Lecter, dona una sofferta umanità al suo esorcista gallese, stanco ma non demotivato. Brava anche Marta Gastini, nel ruolo della ragazza indemoniata. Rutger Hauer, nel piccolo ma significativo ruolo del padre di Michael, è incisivo e capace di toccare le giuste corde dei sentimenti senza indulgere in quella recitazione sopra le righe o svogliata che ha caratterizzato diverse delle sue prove degli ultimi anni. In un piccolo ruolo si rivede Maria Grazia Cucinotta.

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