domenica 27 febbraio 2011

Sono il numero quattro (2011)

TRAMA
Gli alieni esistono e combattono una guerra sotteranea ed invisibile (tranne quando devasta strutture scolastiche) per eliminarsi a vicenda. Le razze sono due, ci sono i loreniani, in tutto e per tutto uguali a noi, scappati dal loro pianeta Natale e i mogadoriani, simile a noi ma più mostruosi, che dopo aver colonizzato il pianeta dei primi adesso gli danno la caccia sulla Terra.
I mogadoriani stanno uccidendo i sopravvissuti del pianeta Lorien, e lo fanno in un ordine preciso: prima il numero uno, poi il numero due e via dicendo. Ogni volta che uno di loro muore gli altri loreniani avvertono l'evento e si illumina un tatuaggio sul loro corpo. Morto il numero tre, il numero quattro sa che è arrivato il suo turno, fortunatamente in un giorno di scuola come gli altri scopre di avere dei poteri che gli consentiranno di difendersi.
Partendo dall'omonimo di libro di Pittacus Lore (pseudonimo che unisce le penne di James Frey e Jobie Hughes) D.J. Caruso si prende sulle spalle l'onere di dirigere uno script che non si vergogna di attingere a piene mani dagli ultimi 30 anni di saghe cinematografiche, con l'unico scopo di creare a tavolino un nuovo franchise.
Eppure Sono il numero quattro sembra avere più punti in comune con quei film che non sono diventati saghe (benchè lo desiderassero ardentemente) come Jumper o L'apprendista stregone, piuttosto che con quelli che lo sono diventati.
Dopo essere riuscito a rendere un remake non ufficiale di La finestra sul cortile come Disturbia un piccolo gioiello di ritmo e divertimento, D.J. Caruso dirige senza interesse una sequela di incontri e scontri tra alieni (i buoni simili ai più belli tra gli umani, i cattivi mostruosi), dimenticando di trovare una chiave personale di messa in scena. Sono il numero quattro è un film senz'anima e senza personalità, un puzzle di ottimi pezzi che una volta uniti non mostrano una figura nuova. Mescolato nel mare di prodotti simili, in cui adolescenti fuori dalla norma si innamorano di adolescenti nella norma e insieme cercano di trovare una dimensione per se stessi contro un destino avverso, Sono il numero quattro si confonde fino a sparire. Privo di qualità che lo facciano spiccare e privo di un'idea estetica che lo identifichi agli occhi del suo pubblico (come il plumbeo pallore di Twilight o il contrastato mondo blu scuro di Underworld) quest'ennesima variazione sul tema supereroistico sembra destinata al dimenticatoio.
Da figlioccio artistico di Spielberg, quale ha dichiarato e dimostrato di essere in passato, Caruso sembrava avere le carte in regola per interpretare oggi lo spirito del miglior cinema spielberghiano: l'unione tra esigenze commerciali e aspirazioni personali (sia dell'autore che del pubblico). Tutto ciò però affonda di fronte al vuoto, vorticoso e fragoroso di Sono il numero quattro.
Un giorno ripenseremo ridendo a questo periodo cinematografico fatto di saghe a tutti i costi.

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