Quando la follia infantilistica di Alan arriva a provocare incidenti irrimediabili, i suoi amici si dicono pronti ad accompagnarlo in una struttura che possa essergli di aiuto, su richiesta della madre e della sorella. Peccato che il viaggio in auto venga interrotto da un nuovo sequestro di Doug (bianco), ad opera del gangster Marshall e del suo scagnozzo Doug nero. Per riavere il loro amico, Phil, Stu e Alan dovranno consegnargli il solito, indemoniato, Mr. Chow, fuggito dalla prigione di Bankok e responsabile del furto dei miliardi rubati di Marshall.
Terzo ed ultimo capitolo di una serie che non avrebbe mai pensato di andare oltre il primo, Una notte da leoni 3 ritorna intelligentemente sulle tracce del capostipite, non solo perché gli imprevisti del viaggio riportano i nostri eroi in quel di Las Vegas, dove tutto era cominciato, ma perché le risate che strappano tornano a farsi sonore e inevitabili, come e quasi più di allora. E questo accade nonostante le evidenti debolezze della sceneggiatura, il suo far riferimento continuo al passato fuori scena e addirittura ricorso a riassunti verbosi ed estranianti come quello affidato a John Goodman.
Come questo possa accadere è presto detto: il film si appoggia completamente sul potere comico di Zach Galifianakis, al centro della vicenda da cima a fondo, al suo duettare prima con una giraffa, poi con una sua simile di sesso femminile, e a più riprese con Ken Jeong (per esempio nelle esilaranti lettere che i due amici di penna si scrivono da un continente all'altro), e Galifianakis regge l'onere e assolve al compito senza inciampi. Il film è talmente incentrato sul personaggio di Alan (l'unico di cui si racconta una trasformazione) che, se non esistessero i precedenti, si faticherebbe persino a dare una personalità a Phil e a Stu, per non parlare proprio di Doug, comicamente destinato a servire da eterno McGuffin.
Il regista Todd Phillips movimenta la scena ricorrendo, come mai prima, a sequenze di azione piuttosto spettacolari: da quella di apertura, ambientata in Thailandia (e che resta la migliore), a quelle su strada e infine nel vuoto, dall'alto del Caesar's palace. Ma non sono loro la linfa vitale del film. È senza dubbio alcuno la gara di demenza tra Alan e Chow -il volto angelico e quello diabolico della stessa medaglia- a dettare il ritmo del divertimento e a meritare al film il successo assicurato in partenza.
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