venerdì 15 marzo 2013

Sinister (2013)

TRAMA
Ellison Oswalt è uno scrittore in cerca di rilancio. A questo scopo, si è trasferito in una casa isolata in una zona boscosa assieme alla moglie Tracy, al figlio dodicenne Trevor e alla figlia più piccola Ashley, decisamente contraria al trasferimento che le ha causato la perdita delle amicizie. Ma Ellison vuole quella casa perché proprio lì, anche se la sua famiglia non lo sa, si è verificato un tremendo delitto sul quale lui vuole basare il suo nuovo libro. Il rude sceriffo locale non vede di buon occhio l'arrivo di Ellison e cerca inutilmente di convincerlo a rifare i bagagli e tornarsene da dov'è venuto: contesta a Ellison che i suoi libri - incentrati su storie criminali vere - hanno più di qualche volta causato guai e messo in cattiva luce la polizia. Il caso su cui Ellison vuole scrivere riguarda una famiglia misteriosamente impiccata in giardino. Si è (forse) salvata solo una ragazzina, che però è scomparsa: Ellison vuole scoprire cosa le è successo e perché. In soffitta, lo scrittore trova dei vecchi filmini familiari in super8: tra immagini innocenti, ci sono quelle - terribili - del delitto. E di altri delitti. Ellison capisce che non è un caso se lui ha trovato quelle pellicole, ma quale può essere il gioco dell'assassino? Lo scrittore si rende conto del pericolo che corrono lui e i suoi familiari, ma l'ansia di sapere è insopprimibile e il vortice del terrore inarrestabile. Scott Derrickson si è fatto le ossa nell'horror partendo dalla gavetta (Hellraiser V - Inferno) e azzeccando poi un buon successo commerciale (The Exorcism of Emily Rose), senza convincere del tutto. Qui compie un buon passo avanti dal punto di vista stilistico, mettendo in scena con convinzione e abilità una storia che presenta diversi aspetti interessanti, ma anche più di qualche luogo comune. Derrickson usa le vecchie armi per generare tensione: rumori, suoni, ambientazioni sinistre, ombre oscure e così via. Si prende il tempo necessario, adottando un ritmo compassato e correndo il rischio di perdere la presa sullo spettatore (che comunque - trucchetti del mestiere - mantiene agganciato punteggiando anche la fase introduttiva di qualche spavento di natura soprattutto sonora). In questo modo, riesce a far crescere la storia e a catturare poco alla volta lo spettatore nella sua macabra atmosfera. Il protagonista è colto in un momento particolare della sua vita, quello in cui il declino del suo successo lo rende vulnerabile, lo fa dubitare di se stesso e del fine del suo lavoro: la ricerca del successo o la ricerca della verità? Preso dal fascino del male, Ellison non sa distogliere lo sguardo dagli orrori che vede e comincia a capire dentro di sé che quello che veramente vuole è solo un altro successo, a costo di dover cercare una verità pericolosa. L'uso del super8, come forma arcaica di registrazione video, è interessante: un po' anacronistico per gli ultimi delitti, compiuti nell'era delle videocassette, ma utile per la sua stretta analogia con il cinema "vero", come riflessione sul potere dello sguardo e sul rapporto tra cinema e spettatore. Il film parte come un thriller e scivola nell'horror con la naturalezza dell'ineluttabilità attraverso svolte narrative che una sceneggiatura astuta riesce a centellinare e padroneggiare con buon mestiere e inventiva. Derrickson asseconda la cupezza della storia (di cui è co-autore) con una regia attenta e a suo modo austera. L'introduzione, quale possibile elemento propulsivo dei crimini, di un'antica divinità pagana risalente al tempo dei babilonesi e chiamata Bughul, il divoratore di bambini, accresce la carica simbolica e misteriosa del film. Purtroppo, la parabola narrativa è sin troppo matematicamente articolata e il finale, per quanto non deludente, non riesce a sorprendere. Ethan Hawke porta il film sulle spalle, è sempre in scena e rende con intensità la febbrile ansia del protagonista, anche se la sua interpretazione è forse fin troppo a una dimensione.

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