TRAMA
L'incubo del volgare imprenditore romano Ruggero De Ceglie sta per realizzarsi quando il figlio Gianluca è in procinto di sposarsi. Per lui, sessantenne donnaiolo arricchitosi sui panini coi wurstel, avere un figlio colto e sensibile, determinato a sposarsi per amore con una ragazza poco attraente, è un'onta insopportabile, a cui decide di rimediare scommettendo con un altro laido imprenditore romano che Gianluca finirà a letto con la Sorcicova, una famosa top model di biancheria intima. Per vincere, è pronto a far saltare le nozze fingendosi malato terminale di "rontolite seborroica" e scortando il figlio fino a Roma a conoscere la modella. Nel frattempo, alcuni invitati al matrimonio vivono le loro personali disavventure: Fabio è convinto di essere rimasto incinta del suo compagno e interpreta la reazione sbigottita della gente per omofobia; una coppia di benpensanti alto-borghesi nasconde la propria crisi sentimentale con un guardaroba in coordinato e dissimula un malcelato razzismo attraverso gesti xenofobi; mentre un povero fattorino metallaro che deve consegnare il regalo di nozze agli sposi viene tormentato ovunque da un'impiegata delle poste indisponente.
Non sorprende certo che un altro fenomeno comico televisivo cerchi l'espansione dal piccolo al grande schermo. Quel che sorprende di più è che il film derivato dal programma comico di Mtv si avvicini più a un film vero e proprio che a un collage rabberciato degli sketch proposti in televisione. E questo, non perché il nonsense a episodi non conosca modelli cinematografici alti (tipo i Monty Python), ma perché c'è sempre un po' di timore nel vedere l'umorismo dei tempi ridotti e concentrati delle scenette televisive, dilatato all'interno della forma più ampia e in qualche modo più sofisticata del film. Forse suggeriti dal successo dei personaggi di Sacha Baron Cohen come Borat e Ali G, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio si approcciano alla scrittura per il film elaborando la storia attorno a due soli dei loro numerosi caratteri. La scelta ricade su "Father & Son": serie di sketch basati sul confronto padre-figlio fra un sessantenne alcolizzato che racchiude l'espressività linguistica del tipico burino romano con la spocchia di un imprenditore lombardo arricchito, e il figlio dolce e sensibile, appassionato di bruchi e di parole al contrario. L'effetto "strana coppia" diventa il motore narrativo di un road movie che fa Milano-Roma in ambulanza attraverso un percorso fatto di tormentoni, insulti e nefandezze mascherate da lezioni di vita per il figlio prodigio. Il percorso dei due De Ceglie si arricchisce poi di schegge di assurdità (le gag del fattorino), siparietti musical-trash (l'omosessuale ossessionato dall'omofobia) e satira anti-borghese (la coppia benpensante), anche se tali parentesi paiono alla fine più degli inserti obbligati ad assicurare una solida continuità fra programma tv e film per il cinema.
Dopo Checco Zalone, la Taodue di Pietro Valsecchi benedice così anche il passaggio di Nongio e Biggio al grande schermo, dimostrandosi garante fornitore di un'anima cinematografica per progetti para-televisivi, dai quali riesce in qualche modo a trarre un ibrido commercialmente efficace fra il cine-panettone e la commedia demenziale anglosassone.
I soliti idioti non è infatti satira di costume, troppo occupato ad accumulare più tormentoni e goliardici calembour che strati di trucco sul volto di Mandelli. E nemmeno si può considerare davvero comicità irriverente, visto che degli stereotipi su gay e borghesi fa delle macchiette surreali. Però nella sua scombinata e crudele volgarità, l'elogio dell'idiozia di Nongio e Biggio muove sia rumorose risate che bassi istinti. Alla buona coscienza dello spettatore, decidere se questo sia un bene o un male: se sentirsi colpevoli vittime o piacevoli complici di tale inedificante sollazzo.
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