TRAMA
Nell'Algeria colonizzata crescono tre fratelli e il risentimento contro l'occupazione francese. Espropriati dai coloni della terra dei padri, Saïd, Messaoud e Abdelkader svolgeranno i loro destini altrove. Protettore e faccendiere a Pigalle Saïd, soldato dell'Esercito francese sul fronte indocinese Messaud, militante del movimento di indipendenza algerino detenuto nelle carceri francesi Abdelkader, i tre fratelli si ritroveranno anni dopo a Parigi costretti nelle banlieues e occupati alla Renault. Tra la loro gente repressa e indotta a una vita indigente matura in Messaoud e Abdelkader la coscienza nazionale e la convinzione che non avrebbero mai salutato il Tricolore come propria bandiera. Entrato in clandestinità e diventato in poco tempo e molte azioni (armate) leader del Fronte Popolare di Liberazione, Abdelkader trascinerà nella causa i fratelli fino all'alba della liberazione.
C'è una scommessa ambiziosa all'origine di Uomini senza legge, quella di combinare epos e noir. Dell'epos il contestato film di Rachid Bouchareb ha la coralità, la complessità narrativa e il proposito di penetrare la storia dei personaggi dentro la scena della grande Storia, provando a interrogarsi sul labile e incerto confine che separa la giustizia dall'ingiustizia, il bene dal male. Dal noir Uomini senza legge deriva invece il cupo pessimismo, il tono pesante e torbido della fotografia, la claustrofobia urbana, il fatalismo che sembra guidare lo svolgersi della vicenda e ancora la nemesi che colpisce letteralmente al cuore il protagonista (Abdelkader) un attimo prima che riesca a varcare la soglia e ad affacciarsi sul futuro indipendente della sua nazione. Guardando alle contro-epopee del crimine di Brian De Palma, Francis Ford Coppola e Scorsese, il regista franco-algerino mette in scena il sanguinoso confronto tra il governo francese e il Fronte di Liberazione Nazionale, il movimento clandestino che sostenne l'indipendenza dell'Algeria attraverso la lotta armata sul territorio metropolitano (europeo) e su quello arabo. Avviato il film con un'espropriazione, Uomini senza legge ha un impianto circolare che troverà la ‘quadratura' nel riscatto realizzato da un'armata di ombre resistenti come i ‘partigiani' di Jean-Pierre Melville ma devianti come i criminali degli anni di piombo.
Volgendo lo sguardo a un passato recente, Bouchareb (di)mostra che chi entra in clandestinità da questa o dall'altra parte della legge obbedisce a codici dissennati e persegue ostinatamente una causa in nome della quale uccide senza pietà. Non tace le responsabilità e gli omicidi del FLN a cui (cor)risponde con invariabile orrore il gruppo armato della Main Rouge, partorito dai servizi segreti francesi. E ancora non dissimula la mediocrità disumana dei ‘terroristi', degli uomini fuori dalla legge (come suggerisce il più puntuale titolo originale) dentro una spirale di violenza senza regole e senza più ragioni. La scommessa di Bouchareb infine è vinta. Uomini senza legge rilegge la decolonizzazione dell'Algeria come un'epica gangster in cui i buoni sono banditi e la Storia filtrata e narrativizzata dalla televisione. Uomini senza legge non è ne vuole essere un documentario, è piuttosto un film di finzione che si concede il lusso di alludere, suggerire, ipotizzare il percorso di tre fratelli che tra il '45 e il '61 finirono per autodistruggersi, rifiutando (almeno due su tre) la mediazione, spingendo verso soluzioni radicali e bruciando sul rogo delle proprie speranze e illusioni. La centralità della fratellanza è la chiave d'accesso ai segreti della Storia e di una storia ancora tutta da comprendere.
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