giovedì 9 dicembre 2010

Niente paura (2010)

TRAMA
Luciano Ligabue. La sua musica, le sue canzoni, i suoi concerti e le sue riflessioni utilizzati come tela su cui tessere l'ordito di una riflessione sull'Italia in un documentario tanto inusuale quanto efficace. A partire dall'entusiasmo che le sue canzoni suscitano in un pubblico fondamentalmente giovane, Ligabue e Gay compiono un percorso che si fa didattico nel senso più nobile del termine. “Auguro la buonanotte”, dice il cantante alla fine di un concerto, “a tutti quelli che vivono in questo Paese ma che non si sentono in affitto, perché questo Paese è di chi lo abita e non di chi lo governa”. Questo è l'unico riferimento diretto al clima politico attuale perché Gay riesce a sfuggire alla trappola della polemica contemporanea e nessuno di quanti intervengono nomina mai un politico in servizio, né di destra di sinistra.
Perché Niente paura non vuole essere un pamphlet usa e getta ma qualcosa di più e di meglio. Vuole provocare una riflessione sui principi fondamentali del nostro vivere civile, sul perché alcuni di essi si siano dissolti e sul perché comunque non debbano prevalere né lo scoramento né, ancor peggio, l'indifferenza. Rivedere Falcone, sentire Pertini oppure, nel presente, ascoltare la figlia di Guido Rossa che ha chiesto (dopo 30 anni di detenzione) che venisse concessa la libertà vigilata all'assassino di suo padre perché lo riteneva un dovere civile nei confronti di un uomo veramente cambiato è importante. Lo è ancor di più perché ci vengono anche ricordati gli articoli di una Costituzione che qualcuno vorrebbe non tanto ‘riformare' quanto piuttosto cancellare e riscrivere a proprio piacimento.
Ligabue è consapevole del suo ruolo e non ha alcuna tentazione ‘grillesca' (anzi, a un certo punto, una delle intervistate afferma che se deve essere un cantante a ricordarci certi elementi basilari allora l'Italia non è messa bene). Ma le sue canzoni, che si rivelano ‘politiche' proprio perché parlano d'amore, di quotidianità, di vita insomma si fondono bene con le dichiarazioni di Beppino Englaro, di Margherita Hack, di Fabio Volo, di Don Luigi Ciotti e di moltissimi altri, famosi o no. Come la diciottenne di origine albanese che, in un perfetto italiano, esprime il suo amore ma anche le sue perplessità nei confronti di un'Italia sempre più difficile da comprendere. Un'Italia perfettamente sintetizzata da Paolo Rossi che vorrebbe istituire una sorta di Polizia che oltre ai documenti dovrebbe chiederti se conosci una poesia di Leopardi o se hai letto (e fino a che punto) “I promessi sposi”. Perché in un Paese in cui “tutti vogliono viaggiare in prima, tutti quanti con il drink in mano” chiedendosi, ma senza troppo impegno, “fuori come va” è ora di tornare a guardare quel ‘fuori' non dimenticando il passato e la cultura che sta alla base di questa società. Soprattutto se si è giovani.

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