giovedì 2 settembre 2010

The Expendables (2010)

TRAMA
Gli Expendables sono un gruppo di mercenari professionisti dell'artiglieria e del combattimento corpo a corpo, chiamati ad assolvere solo missioni ad alto rischio. In seguito a un blitz su di un cargo di terroristi somali finito in carneficina, il capo della banda, Barney Ross, decide di espellere il tiratore scelto Gunnar a causa del suo temperamento scriteriato e imprevedibile. I “sacrificabili” rimasti si ritrovano invece amichevolmente da Tool, vecchio membro della squadra passato ai tatuaggi e al ruolo di tramite coi vari mandanti degli incarichi. L'ultimo dei quali chiede a Barney e ai suoi uomini di uccidere il dittatore di un'isola del Centro America in affari con un americano per gestire il traffico della droga.
“The boys are back in town”, urlano i Thin Lizzy sui titoli di coda. E, in effetti, a giudicare dal modo in cui riecheggiano nella testa esplosioni, ossa rotte e guaiti di corpi trucidati, quei ragazzi che negli anni ottanta “menavano duro” senza complessi di colpa o dilemmi etici, che sapevano maneggiare ogni tipo di arma e uccidere uomini a velocità invereconda senza l'ombra di un pensiero nella testa, sono davvero tornati. Se non altro, è tornato Sylvester Stallone, che dopo aver sepolto personalmente i suoi diretti alter ego (Rocky Balboa e John Rambo), ha deciso di abbandonare l'atteggiamento crepuscolare e reazionario per orientare il suo spirito nostalgico verso il registro più frivolo della moda camp e della cultura pop. Non più, quindi, solo eroi solitari e rabbiosi, ma, in linea con la riscoperta dell'etica del branco da parte di Hollywood, un'intera squadra di mercenari die hard.
Non più solo un'estetica dura e violenta, ma anche cool. Non più solo toni retrospettivi e nostalgici, ma anche goliardici e conviviali. Non più solo magliette sudate e occhiali da sole, ma anche accessori fra il vintage e l'high-tech. Gli Expendables sono la sincresi fra gli anni ottanta e i duemila, fra vecchie e nuove glorie del cinema muscolare o di quella lotta-spettacolo che è il wrestling, riuniti tutti assieme da un pretesto effimero, come in ogni rimpatriata che si rispetti.
La storia che vede questa banda di audaci e massicce macchine da guerra cercare di far saltare in aria un'intera isola del Golfo del Messico per amore della figlia ribelle del dittatore (“Bad Shakespeare”, come commenta il cattivo di Eric Roberts), è infatti il sottilissimo filo rosso con cui Stallone ricuce assieme brandelli del cinema d'azione che fu per farne un patchwork il più possibile in linea con lo spirito della contemporaneità. Non a caso, pone in prima linea se stesso e Jason Statham, due icone tanto coriacee quanto, fino ad ora, opposte nel liberare ironia dal cinema iperbolico. Gli altri, da Jet Li a Dolph Lundgren, da Terry Crews a Randy Couture, restano invece in seconda fila in attesa del loro personale momento di gloria distruttiva, quando cioè Stallone si impegna a dimostrarsi un realizzatore capace di integrare le vecchie coreografie dei corpo a corpo col miglior dispendio di energie digitali. Oppure, come Mickey Rourke, partecipano alla fanfara solo per esprimere la loro identità di guerrieri risorti e il loro talento da Actor's Studio.
In un certo senso, i nuovi eroi di Stallone non vivono più nel mondo reale, sono al di fuori delle leggi del tempo e dello spazio (dalla Birmania di John Rambo si passa infatti all'isola fittizia di Vilena). Riconoscono il passare delle generazioni (Statham è l'unico che riceve sms e che sa maneggiare un apparecchio fotografico come una videocamera), solo perché sanno di non poter invecchiare. E vivono di, e non solo nel, cinema perché è l'unico mezzo che gli consenta ancora di salire su un aereo in corsa o di distruggere un elicottero colpendo al volo una bomba aerea. Le loro missioni non sono né per denaro, né per senso etico della giustizia, ma solo per il pubblico: sono pura esibizione della tenacia dei loro muscoli e della pervicacia del loro agire.
Con I mercenari, Stallone riesce quindi a consacrare le sue ossessioni di sempre (il mito e la forza fisica) dentro ad un nucleo instabile di umorismo ruvido e di violenza convulsa. Incrocia il personaggio con la star, l'eroe con l'attore, e si permette di fissare un incontro-scontro con l'amico Schwarzenegger fra un milione di anni. Se lo fa, è perché sa che i palazzi crollano, i cattivi muoiono, il petrolio brucia, le guerre finiscono e ricominciano, ma loro, gli eroi del cinema, sono immortali.

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