lunedì 11 marzo 2013

Il grande e potente Oz (2013)

TRAMA
Oscar Diggs, detto Oz, è un mago da fiera e un seduttore, che illude spettatori e fanciulle con trucchetti da prestigiatore e promesse da marinaio. Balzato su una mongolfiera per sfuggire ad un rivale, si ritrova catapultato da un tornado nella fatata terra di Oz. Scopre così che il buon popolo di quel mondo lo crede il salvatore tanto atteso, che una profezia indica come un mago venuto dal cielo per sconfiggere la strega cattiva. Attratto dal tesoro reale in palio, Oz si mette in viaggio alla ricerca della strega, ma quello di mattoni gialli è soprattutto un sentiero morale, che lo allontanerà dall'egoismo di partenza e farà di lui una leggenda di magnanimità. È sicuramente un sentiero particolare anche quello che ha portato Sam Raimi dall'horror indipendente a casa Disney ma, in questo caso, una segnaletica c'è, ben chiara, e reca la scritta "cinefilia". Per il prequel del Mago di Oz, che narrativamente s'inserisce a suo modo nella fortunatissima corrente che sfrutta le backstories dei personaggi per dar loro nuova vita, Raimi è l'uomo giusto, perfetto per ibridare passato e presente, cinema di ieri e di domani, con un occhio di riguardo, questa volta, più al primo termine che al secondo. Se è facile riscontrare una familiarità con certo Tim Burton, anche per la presenza alle musiche di Danny Elfmann e, sulla scena, di una coppia Franco-Raimi che fa sempre più pensare al sodalizio Depp-Burton, è evidente che lo spirito guida del Grande e potente Oz è però il film di Fleming, capolavoro per caso ma capolavoro assoluto. Dal Kansas in bianco e nero dell'inizio alla sequenza finale, dall'occhio del ciclone ai balletti di stagnini e quadrangoli alla creazione di un gruppo - il Mago, Finley, la fanciulla di porcellana, Glinda - che rispecchia quello dell'avventura originale, è chiaro che il confronto è stato volontariamente ricercato e mai rimosso. Al punto da funzionare da freno, poiché si resta col dubbio che una maggior libertà non avrebbe guastato. Ma il regista è fedele al materiale di partenza anche e soprattutto dove non si vede: per esempio nell'uso degli effetti speciali, straordinari all'epoca e declinati in chiave più personale e orrorifica oggi che sono la norma; nel recupero del libro - la visita alla città di porcellana, ma anche gli occhiali dalle lenti verde smeraldo (che qui diventano un modo per ammiccare al pubblico, che ha indosso gli occhialini 3D); o nella fisionomia di Theodora dopo la trasformazione, che ricalca la Strega Malvagia dell'Ovest. Procedendo oltre su questo sentiero dorato e cinefilo, s'incontrano il Don Chisciotte di Orson Welles, l'elogio di Edison e del prassinoscopio, e, più in generale, una celebrazione esplicita e ripetuta (senza traccia di snobismo) della più grande delle illusioni, il Cinema, capace di fare di un piccolo uomo un grande e potente mago.

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