TRAMA
un lavoro apparentemente facile quello che Mr. Church impone, col ricatto, a Barney Ross e ai suoi uomini. Con l'aiuto della combattente esperta Maggie, devono recuperare un documento contenuto in un aereo schiantatosi tra i monti dell'Est Europa. Durante l'operazione, però, un membro della squadra viene ucciso da Vilain, capo di un'organizzazione criminale che riesce, inoltre, a strappare dalle mani di Ross la preziosa scatoletta: si tratta, in realtà, di una piantina in cui è indicata la localizzazione di tonnellate di plutonio. Vendicare il proprio compagno e impedire a Vilain di cambiare gli equilibri mondiali per i mercenari, adesso, diventano tutt'uno.
A distanza di due anni dal primo capitolo, gli eroi sacrificabili (l'expendable del titolo originale) capitanati da Sly tornano a mettere in mostra i muscoli con altra consapevolezza. Superato il rischio dell'inattualità a suon di biglietti venduti – I mercenari ha incassato 274 milioni di dollari – e quello della ripetizione della stessa formula con la serializzazione, sostituiscono alla nostalgia il diritto ad una seconda e ancora più fracassona avventura. Il film diretto da Simon West non ha nessun timore di essere fuori tempo massimo, scegliendo, a titolo di esempio, di limitare quel contributo della tecnologia così centrale negli action contemporanei per far sfoggio solo degli attori messi in scena e delle loro rispettive mitologie.
Se, nella prima pellicola, Stallone quasi plasmava un super-corpo collettivo, formato dai divi che – in epoche diverse – hanno trasformato il cinema d'azione in pura performance fisica e, nel peggiore dei casi, in propaganda politica, oggi sviluppa una storia autonoma ben al di là del sapore della rimpatriata. Nella sua disarmante prevedibilità, la sceneggiatura scritta dal divo italoamericano accumula sequenze esplosive – soprattutto il primo quarto d'ora – momenti introspettivi, corpo a corpo condotti con le specialità di ognuno e un'ironia, purtroppo, non sempre in grado di amalgamarsi. Sia sufficiente pensare all'incontro con Chuck Norris, nel pieno della parodia, o alle battute di Arnold Schwarzenegger per capire che sotto alla storia principale ne scorre un'altra che riguarda le carriere di ognuno: dopotutto, la possibilità di eludere la fine del proprio mito a colpi di botox oppure mischiandosi con i colleghi più giovani, qui, appare meno patetica di quanto si possa immaginare.
Quest'antologia del cinema al testosterone degli ultimi trent'anni ricorda solo incidentalmente la formula di classici come Il mucchio selvaggio o Quella sporca dozzina – citati da Stallone come ispirazione – perché mette in gioco un tipo di racconto che all'elegia preferisce l'esibizione e alla stretta eventualità della fine una diffusa immortalità. Peccato che il ruolo di Jet Li sia limitato alla prima sequenza. Girato principalmente in Bulgaria.
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