Jungle Village, in un'epoca imprecisata dell'antica Cina, un pacifico fabbro è costretto a fabbricare armi per i peggiori predoni della zona, cercando di raggranellare i soldi sufficienti per liberare la sua amata Lady Silk dalla cattività del bordello in cui lavora, The Pink Blossom. L'arrivo in città del mercenario inglese Knife coincide con una escalation di rese dei conti tra i diversi clan, che finirà per coinvolgere tragicamente anche il fabbro Thaddeus.
La teoria del campionamento applicata al cinema. Andando ben oltre il post-moderno, RZA interpreta la regia senza soluzione di continuità rispetto al lavoro di producer hip-hop, come un adolescente che mette in sequenza una serie di passioni formative in un confuso discorso su riscatto e percorso individuale di consapevolezza. Che parte dallo schiavismo (il suo Thaddeus Henry Smith doveva comparire al fianco del Django tarantiniano prima che questi fosse Unchained) e da una classica storia blaxploitation, con tanto di cameo di Pam Grier, per approdare al kung fu dell'era Shaw Brothers, omaggiata attraverso rimandi personaggi chiave di quell'epopea (Gordon Liu, Chen Kuan-tai). Uomini di ottone, armature da cui vengono estratti coltelli, virtuosi delle lame, presentazione dei singoli personaggi su sfondo nero, un tempio shaolin come ne La 36. camera dello Shaolin, il duello nella sala degli specchi come in I tre dell'Operazione Drago, capostipite del genere blaxploitation+kungfu ... E così via, mettendo insieme materiale per trivia, ad uso e consumo dei fan più nerd, in un anacronistico pastiche che non si pone minimamente il quesito di essere credibile ma che tende comunque a prendersi pericolosamente sul serio. I topoi del gong fu pian di Hong Kong sono tutti presenti, confermando l'osservanza del fan devoto già tipica della carriera da MC e producer di Robert "RZA" Diggs. Ma dove finisce la passione del completista maniaco e dove comincia un'idea di cinema? Qualcosa che doni vita all'opera in sé, permettendole di coinvolgere, trasmettere emozione e farsi ricordare? Il punto sta proprio qui: la bulimia di citazioni e la voglia di stupire a tutti i costi mal si sposano con la coesione di uno script cinematografico anche al di sotto degli standard (bassi) del medio cinema action odierno. RZA palesa qui tutti i suoi limiti, amplificati dalla necessità di ridurre a 2 ore la materia filmata, con il risultato di introdurre una miriade di personaggi in voice over per i primi 20 minuti abbondanti di film, ammazzando il ritmo dell'incipit (paradossalmente uno dei punti di forza del cinema Shaw Brothers a cui il nostro si ispira).
Il percorso iniziato con il Wu-Tang Clan prima - campionando i classici Shaw Brothers e regalando loro una nuova vita presso generazioni ignare - e all'epoca della colonna sonora di Ghost Dog e Kill Bill poi, per portare i sogni di una vita su grande schermo, è infine compiuto e, in qualche modo, sorge spontaneo un moto di solidarietà per la passione infusa da RZA nel suo progetto, infine coronato. Sorvolare sui suoi macroscopici difetti, però, è altrettanto impossibile.
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