mercoledì 13 luglio 2011

Per sfortuna che ci sei (2011)

TRAMA
Julien Monnier è un abile consulente matrimoniale col vizio della iella. Quella che porta immancabilmente ad ogni donna che lo ricambia nei sentimenti. Dall’adolescenza alla maturità ha di fatto collezionato donne e guai, una pioggia di disgrazie che hanno sfinito le poverine costringendole alla fuga. Ma poi è arrivata Joanna, una creativa designer giovane e ambiziosa, decisa ad amarlo e a resistere alla sventura che puntuale e impietosa si è abbattuta sui suoi progetti e sulla sua vita. Ascensori che si bloccano, incendi improvvisi, incidenti quasi fatali sembrano un giorno avere la meglio sul loro amore ma niente è ancora perduto. A volte per voltare la sfortuna in fortuna basta soltanto cambiare il punto di vista.
Talora l’amore può essere portatore di pesanti affanni per chi lo pratica ma difficilmente nelle commedie confezionate secondo ricetta tradizionale ha mai contemplato ‘la sfiga’. Detto più elegantemente, nessuna romantic comedy ha mai pensato che un amante potesse portare sfortuna all’amata fino al punto di separarli. Non lo ha fatto Hollywood, almeno, e così lo ha realizzato la cinematografia francese, educata da sempre a teorizzare sugli affari di cuore e sugli antagonismi maschio-femmina poi sciolti, anche da questa parte dell’oceano, in finali lieti e rincuoranti. Il ruolo ingrato dello iettatore suo malgrado tocca in sorte all’ottimo François-Xavier Demaison, quello di chi lo ama cadendo immancabilmente in disgrazia a Virginie Efira, attrice belga che frequenta con profitto la televisione. E proprio gli interpreti sono la parte più riuscita di una commedia che si tuffa nel demenziale, compromettendo le premesse e le promesse di felicità. Per sfortuna che ci sei è una matassa di luoghi comuni di cui solo i protagonisti tengono il bandolo, facendo sesso, poi innamorandosi e infine soffrendo perché, nuova variante del genere, lui è portatore sano di malasorte.
Nonostante il soggetto e il prodotto abbiano un gusto decisamente europeo che li differenzia dai canoni hollywoodiani, le aspettative vengono presto deluse e Per sfortuna che ci sei finisce per essere quello che sembra fin dal titolo (se non altro quello italiano), un saldo d’inizio stagione. Indeciso sul genere da adottare, la commedia di Nicolas Cuche manca il côtè melodrammatico e insieme la carica sovversiva demenziale, rivelandosi un accumulo di cliché che non muovono né al pianto né al riso. Peccato davvero perché l’intuizione era intrigante: le emozioni possono essere troppo pericolose se non vengono mediate dalla ragione e dalle ragioni del cuore.

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